venerdì 2 dicembre 2011

Dalia

Esiste un pozzo che l’uomo usa per nascondersi. Egli cela nel suo fondo la sua essenza di uomo e si augura mai nessun altro vi scenda. A volte l’uomo è talmente privo d’interesse che io non lo raggiungo. Questi sono coloro che si ritengono fortunati. A volte, invece, scendo e gli faccio compagnia.  Durante questo periodo che trascorriamo insieme lo sprono ad uscire fuori e quando l’essenza di quell’uomo risale per mostrarsi in superficie, nulla è più lo stesso.
Io sono Dalia.
In me tutto si riunisce. In me tutto perde i confini e giunge alla fusione. Io creo la possibilità.
Ci fu una notte, in questo regno, in cui tutto arse. Ci fu una notte, in questo regno, in cui tutto fu gelo.
Io e le mie sorelle nascemmo al confine tra le due notti, e di entrambe portiamo il segno.
Viviamo la notte perché è nostra signora la potente luna, colei che guida le maree e governa il femminino.
Non il sole accecante che tutto, ovunque livella. Madre Selene è regina. Lei che conosce luce e conosce tenebre.
Diffida, umano, di colui che sempre sorride, è maschera che copre più vari pensieri. Egli non penetra e non lascia penetrare.
Diffida del pari di chi mai lo fa, egli mai s’innalza al di sopra del nudo terreno.
Impara a conoscere il confine tra rimedio e veleno.
Tendi la mano all’incognito. Tendi la mano a me.
L’unico vero viaggio, rammenta, è nel luogo meglio celato ai tuoi occhi. 
S’io fossi un imperativo, così reciterei: spingiti oltre il baratro dei tuoi limiti e scopri se sono realmente tali.
Vieni, distruggi i tuoi stessi confini.
Vieni a me, per trovare te stesso. 

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