Bianca e lieve, come l’ultima nevicata dell’inverno.
Bianca e forte, come i fiori che bucano l’ultimo strato di neve.
Bianca e libera, come la spuma di un’onda che sceglie dove infrangersi.
Così sono io.
I colori sono ancora solo una promessa. I suoni aspettano di tornare a far sentire la loro voce dopo il silenzio ovattato dei mesi più freddi. La costellazione dell’acquario governa il cielo. Io danzo.
Danzavo mentre Gaia per la prima volta conosceva il calore di un abbraccio, e danzavo mentre cercava cambiamenti nello specchio il giorno del suo trentesimo compleanno.
Danzo perché nel muoversi non ci sono vincoli, così come non ce ne sono a febbraio. Danzo perché onoro il divenire ed il cambiamento.
Amo quel momento di passaggio in cui niente è ancora certo, in cui non si prendono decisioni ma si lascia che sia.
Amo quando il cambiamento è in essere ma non è avvenuto.
Per questo danzo.
Gaia la chiama vita.
Io osservo lo scorrere delle stagioni, mi baso sul tempo, attendo i momenti di passaggio. Lei non fa distinzioni, non importa il giorno, quando è pronta va.
Non legatela al tempo, perché è una dimensione che non le appartiene. L’unico tempo che percepisce è il tempo interiore. Quando è maturo, lei agisce. Quando è maturo, lei apre gli occhi e vede.
È questo il motivo per il quale danza ogni giorno, lo fa per il mutamento che le scorre dentro, lo asseconda anche quando esternamente la sua vita appare scorrere immutata e immutabile.
Io, Nanà, la osservo e, mentre danzo, aspetto il suo prossimo cambiamento.
Nessun commento:
Posta un commento