16.53
Angolo di strada quartiere Esquilino. Roma. Sapone, acqua e la spugna che scorre avanti e indietro sul vetro. Il dito di una signora che si agita all’interno dell’abitacolo.
A volte succede che ti fissi a guardare delle azioni e perdi di vista anche il protagonista che le compie. Ecco io me ne sto qui a guardare la scena, mentre ho ancora in bocca il sapore del pollo in salsa agrodolce.
Semaforo verde. Ancora soprapensiero parto, ma inchiodo appena mosso. Un movimento impercettibile e un riflesso incondizionato che mi porta a frenare. I miei occhi hanno per un frammento di secondo registrato un movimento di piedi davanti alle ruote del mio scooter. Sento l’urto. Leggero, impercettibile quasi. Ma è un urto di qualcosa di metallico su qualcosa di umano, di vivo, di fragile di fronte alla potenza del mio motorino.
“Cazzo!” e mentre lo pronuncio alzo la testa e mi ritrovo di fronte il volto di un indiano che si scusa e rapidamente finisce l’attraversamento.
Resto ipnotizzato alcuni secondi a seguire i suoi movimenti.
Fin quando non sono sicuro che non gli ho fatto male. Fin quando non lo vedo raggiungere il marciapiede. Fin quando l’auto dietro di me non suona il clacson.
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