sabato 31 dicembre 2011

Valerio

Posso capire un'altra persona senza stare nelle sue scarpe?

Gaia

A tutti hanno insegnato che ad ogni azione corrisponde una reazione, eppure in pochi capiscono che non è solo fisica, è anche vita.

Valerio

Già è difficile capire se stessi, non mi è chiaro il concetto per il quale devo cercare di capire anche gli altri. Perchè non s'impegnano per capirsi da soli?

venerdì 30 dicembre 2011

Gaia

"Lei balla in un cerchio di fuoco, e si sbarazza della sfida con una scrollata." Mi sento quella lei e mi sento tutte le donne del mondo e non mi sento nessuna e mi sento nuova e mi sento unica come solo una donna è in grado di essere.

Valerio

Ma se scrivessi canzoni, riuscirei a trovare le parole che parlano di me, o suonerei quelle di altri come i cantanti fanno con le mie?

Gaia

Pazzia è credere? Pazzia è non farlo? Trovare una risposta credo mi renderà pazza.

giovedì 29 dicembre 2011

Valerio

Mi sento sicuro nei ricordi perchè ci sono, mi appartengono e non possono fuggire da nessuna parte. A volte penso siano la mia unica certezza e l'unica cosa che davvero mi appartiene.

Gaia

Si dice che essere amati renda forti e che amare renda coraggiosi. A volte ho l'impressione di essere molto più coraggiosa che forte. Forse se m'impegno un altro po', se aumento il mio coraggio, riuscirò a bilanciare le due cose.

Valerio

Ti capita mai di osservare gli altri e pensare a come sembrano a proprio agio nella loro vita, nei loro vestiti, con i loro capelli, con il loro naso, nel loro lavoro? Ti capita di osservarli e invidiare il loro sentirsi al loro posto ovunque si trovino? Darei qualsiasi cosa per un giorno a mio agio nella mia vita.

mercoledì 28 dicembre 2011

Gaia

Lascia andare. Lascia andare quello che ti piace e quello che non ti piace. Lascia andare tutto quello che hai imparato fno ad ora. Lascia andare tutto quello che sai di te. Lascia andare le tue convinzioni ed il senso di colpa per gli errori commessi. Lascia che tutto vada. Scorri nella vita.

Valerio

Non posso chiedere agli altri di cambiare se non sono disposto io ad iniziare.

Gaia

Ogni volta che sfoglio un giornale mi domando se c'è un senso a tutto quello che accade. Spero solo che tutti noi lo capiamo il prima possibile.

martedì 27 dicembre 2011

Valerio

Voglio viaggiare ed andare sempre più lontano. Mi chiedo se sono in fuga o alla ricerca.

Gaia

Credo che il giorno in cui mi scoprirò perfetta per prima cosa mi chiederò che sapore avrà da quel momento la vita.

Valerio

Dovrebbe bastare svegliarsi al mattino per essere felici. Certo scoprire che chi ami ti ha tenuto stretto tutta la notte aiuta.

lunedì 26 dicembre 2011

Gaia

Lista di buoni propositi:
1- smettere di aver paura di essere felice;
2- smettere di aver paura di essere felice;
3- smettere di aver paura di essere felice.

Valerio

Stappa la bottiglia che contiene i sogni non realizzati e guarda cosa ne è della tua vita.

Gaia

Non è necessario tu senta il rumore dell'albero che cade nella foresta. Quando butti un coccio per ravvivare un fuoco sai che l'ha fatto. 

domenica 25 dicembre 2011

Valerio

Il giorno in cui una persona trova il coraggio per calarsi pienamente in sè è lo stesso in cui si rende conto che non ha bisogno di qualcuno che la guardi per sentirsi viva.

Gaia

Scorro la rubrica del cellulare e mi rendo conto di non aver voglia di parlare con nessuno. Preferisco aver qualcuno accanto che cammini con me in silenzio.

Valerio

Quel luogo che non ho visto è lo stesso che contiene la lezione che devo apprendere ora.

sabato 24 dicembre 2011

Gaia

C'è gente che chiede al mondo di fermarsi per poter scendere. Io gli chiedo di aumentare un po' la velocità, per sentire di più il vento sulla faccia.

Valerio

La luce che vedo nei miei occhi oggi è identica alla fiamma delle mille candele a cui ho confidato i miei sogni.

Gaia

Sono nata libera. Nessuno può credere che mi uniformi alle regole di altri e che nulla di me ne muoia.

venerdì 23 dicembre 2011

Valerio

Tutti i brutti anatroccoli vivono ogni giorno seguendo la loro identità di cigno.

Gaia

Chissà se è vero che quando due amanti si sorridono nella notte una stella brilla ancora di più.

Valerio

Voglia di andare, anche se ancora non ho capito bene dove.

giovedì 22 dicembre 2011

Gaia

Guardo lo specchio e penso che i mille difetti che vedo mi rendono reale.

Valerio

Credo che nei miei ricordi ci sia qualche messaggio che non ho ancora colto. Quando lo capirò, li lascerò al loro posto, dietro le mie spalle.

Gaia

Se sono una fenice, mi chiedo solo quante volte posso ancora bruciarmi prima di rinascere.

sabato 17 dicembre 2011

Reina

I sogni son piccole, forti tartarughe che compiono un  viaggio  dall’interno all’esterno. Partono dal cuore del sognatore e mostrano allo stesso i desideri, le paure, le nostalgie che non ha il coraggio di guardare quando è sveglio.
I sogni sono come i dubbi, una volta presenti non li si può cacciare, s’insinuano, permangono, riempiono. Come i dubbi avvolgono di un’ombra nera il pensiero e lo chiudono dentro i loro confini. Non si smette mai di tornare su un sogno che ha colpito.
I sogni sono la via. Quella strada che scopri solo quando è notte perché è l’unica che appare distinta davanti a te. È quella che spaventa perché piena dei tuoi demoni. Quella che spaventa perché hai paura di quello che tu stesso sei in grado di fare nella tua vita.
E quando in sogno vedi regge, un grande amore, mete raggiunte, ancora la paura ti assale, perché anche la felicità porta con sè paura. E l’aprire gli occhi e ritrovarsi nella quotidianità dà sollievo, perché nessuno si aspetta troppo da te.
Ti sei mai interrogato sul significato di un sogno, o preferisci lasciarlo evaporare alle prime luci dell’alba?
Io la notte scendo su una piccola stella e prendo la mano di chi dorme. Senza che se ne accorga lo accompagno in prati, città, stanze umide e buie. Lo conduco là dove le sue paure attendono di essere affrontate e le sue speranze attendono un’azione per trasformarsi in realtà.
Faccio tutto questo in punta di piedi, ma il viaggio è compiuto.
Ricordi dove ti ho condotto stanotte?
Se la risposta è sì ti do un consiglio: segui quel sogno da sveglio.
Se la risposta è no, non temere, tornerò da te ogni notte, ancora e ancora, finchè una mattina aprirai gli occhi, deciso a prendere in mano la tua vita.

venerdì 16 dicembre 2011

Valerio: Natale all'improvviso

18.20

Non ho scritto i nomi sulle scatole. 
Apro la prima che mi capita. Quella più vicina. 
Taglio lo scotch. 
Appaiono le palle dell'albero. Quelle dipinte da Gaia. 
Luna, stelle, fate, cristalli, montagne...
E ritorno a Natale!

venerdì 9 dicembre 2011

Valerio: abbracci

Ore 18.18

“… Well you burst on the scene
Already a legend
The unwashed phenomenon
The original vagabond
You strayed into my arms
And there you stayed
Temporarily lost at sea”

Ecco i versi che vorrei sentire per i miei trent’anni.
Ma io non ho mai fatto irruzione sulla scena, non sono una leggenda e forse non mi sono mai perso nelle braccia di nessuna…

Kalitta

Gioco con la paura, è così che trascorro le mie giornate.
Con la paura e con i draghi. Ma non sono poi la stessa cosa?
Creature stupide gli umani. Venerano santi che ammazzano draghi e non capiscono perché Gaudì li abbia messi all’ingresso del suo giardino. Perché colpire con spada i guardiani dei segreti? Perché toglier la vita alle Grandi Guide?
Venero i draghi, sono i compagni della mia vita. Volano con me quando tra la folla riconosco la scia di una persona pronta ad andar oltre. Non mi si può resistere, non si può non percorrere una strada che io ho scelto.
Io giungo con i miei draghi, il loro fuoco riscalda le emozioni, le loro ali permettono di elevarcisi sopra.
Gioco con la paura che so essere solo una porta, una sentinella, un limite che non permette di andare oltre. Spingo le persone a sfidarla. Non c’è limite alcuno. Non esistono punti di arrivo. C’è sempre un passo ulteriore che può essere fatto.
Questo mi spinge a calcare le strade del mondo. Per questo non ho una mia dimora. La mia esistenza è confondermi con gli uomini fino a trovare coloro disposti a farsi guidare da me. Da me e dai draghi.
L’eletto può scalciare, piangere, ribellarsi, ma io conosco il suo cuore e conosco cose che di lui non sa.
Se un giorno mi vedi per strada, se riesci a riconoscermi in mezzo a mille, sappi che sono là per te. Sono là per darti un ordine che aspetti da tutta la tua vita.
Brucia e vola. 

venerdì 2 dicembre 2011

Dalia

Esiste un pozzo che l’uomo usa per nascondersi. Egli cela nel suo fondo la sua essenza di uomo e si augura mai nessun altro vi scenda. A volte l’uomo è talmente privo d’interesse che io non lo raggiungo. Questi sono coloro che si ritengono fortunati. A volte, invece, scendo e gli faccio compagnia.  Durante questo periodo che trascorriamo insieme lo sprono ad uscire fuori e quando l’essenza di quell’uomo risale per mostrarsi in superficie, nulla è più lo stesso.
Io sono Dalia.
In me tutto si riunisce. In me tutto perde i confini e giunge alla fusione. Io creo la possibilità.
Ci fu una notte, in questo regno, in cui tutto arse. Ci fu una notte, in questo regno, in cui tutto fu gelo.
Io e le mie sorelle nascemmo al confine tra le due notti, e di entrambe portiamo il segno.
Viviamo la notte perché è nostra signora la potente luna, colei che guida le maree e governa il femminino.
Non il sole accecante che tutto, ovunque livella. Madre Selene è regina. Lei che conosce luce e conosce tenebre.
Diffida, umano, di colui che sempre sorride, è maschera che copre più vari pensieri. Egli non penetra e non lascia penetrare.
Diffida del pari di chi mai lo fa, egli mai s’innalza al di sopra del nudo terreno.
Impara a conoscere il confine tra rimedio e veleno.
Tendi la mano all’incognito. Tendi la mano a me.
L’unico vero viaggio, rammenta, è nel luogo meglio celato ai tuoi occhi. 
S’io fossi un imperativo, così reciterei: spingiti oltre il baratro dei tuoi limiti e scopri se sono realmente tali.
Vieni, distruggi i tuoi stessi confini.
Vieni a me, per trovare te stesso. 

Valerio: ora Americano

Ore 15.21

Odio la domenica. No anzi odio l’happy hour della domenica che mi costringe ad arrivare a lavoro alle 15 (in teoria!).
Almeno ci fosse lo straordinario invece nulla, fa parte della turnazione normale del mio lavoro a progetto. Che poi qualcuno mi deve spiegare come si fa a parlare di progetto in una pizzeria. E’ un progetto consegnare una pizza? Progetto di arrivare al tavolo senza rovesciarla?
E odio anche dover tagliare a striscioline le pizze non consegnate della sera prima. Sì, perché purtroppo la realtà è proprio questa. Tutte le pizze del sabato sera che sono state ordinate ma che per un motivo o per un altro non è stato possibile consegnare  vengono messe in frigo per il giorno dopo. Colpa della crisi? No, problema di mancanza d’etica.
Ma parlo io poi di etica che non mi sono neppure fermato a vedere come stava l’indiano?
Perché non ho accostato? Perché non gli ho detto come stava? Perché non sono più ripassato per quell’incrocio? Mi sono accertato superficialmente che camminasse, e questo mi è bastato a pulirmi la coscienza!
Verso l’Americano e la caraffa si riempie di rosso.

venerdì 25 novembre 2011

Valerio

10.25

Parcheggiatore abusivo. Un posto improbabile. Ma a quest’ora trovarlo è già un miracolo.
Lascio cadere un euro nella mano del senegalese.
L’odore della porchetta mista all’incenso mi si fa incontro.
Cammino con Gaia per mano, mentre le persone ci strattonano sul viale principale del mercato.
“Rubare le piante porta sfiga”. Iniziamo bene.
Mi avvicino alla bancarella dei fiori e i “sassi viventi” catturano la mia attenzione. Le piante grasse hanno qualcosa di ancestrale, di post-apocalittico, di extraterrestre.
E’ il preistorico che ti viene incontro e ti dice guarda da dove vieni.
“Prendiamo le rose? Queste rosse scuro!”
Poi abbassa la voce e sussura al mio orecchio:
“Si chiama Pampy. Vuole un posto dove sentirsi a casa!”
Gaia è sempre attratta dai fiori. Dice che dietro ogni fiore ci si trova una fata.
Perché non mi lascia il mio pantheon dei sogni? Il mio Marte Apocalittico? Il mio paesaggio lunare dove respirare?
“Dai prendi Pampy, che la portiamo a casa! ”, le dico sorridendo.
Chissà se le piacciono gli scatoloni?

Coris

Mi piace quando mi raccontano le fiabe. La mia preferita è quella dell’arcobaleno.
“Tanti e tanti anni fa, prima ancora che le stelle avessero un nome, c’era un regno separato da tutti gli altri paesi. In questo regno, chiamato Isola Eutò, c’erano grandi alberi e numerosi ruscelli, l’oceano lo circondava e al suo centro svettava una rotonda collina.  I suoi abitanti vivevano ovunque. Nelle acque, sirene, tritoni e ninfe. In tunnel sotterranei, costruivano le loro case laboriosi gnomi. Al riparo di tronchi e massi, giocavano simpatici folletti. Tra le fronde degli alberi, riposavano le fate. Di giorno tutti si dedicavano alle loro attività, la notte poi, prima di dormire, si ritrovavano attorno ad un fuoco acceso sulla riva. Una notte, mentre salutavano le ultime stelle che apparivano all’orizzonte, il cielo s’illuminò di un lampo dorato. Nessuno ebbe il tempo di capire cosa fosse, e non ci fu bisogno di farlo, perché un attimo dopo una radiosa fenice atterrava in mezzo a loro. Mentre il fuoco faceva risplendere le sue ali, l’uccello narrò la più meravigliosa e curiosa e originale storia. Parlò di buffi esseri che si chiamavano uomini, vivevano in caverne e passavano il tempo viaggiando da una terra ad un’altra, rincorrendo animali con una lancia e imparando l’arte della pittura.
Gli abitanti di Isola Eutò erano da sempre curiosi, e fecero molte domande alla fenice viaggiatrice. Quando ognuna ricevette risposta, i più avventurosi decisero che bisognava andare a conoscere questi uomini. C’era solo un problema. Loro vivevano su un’isola lontana da tutto, talmente lontana che anche i più vigorosi tritoni non sarebbero stati in grado di raggiungere quella terra. Quella notte nessuno dormì. Tutti proponevano soluzioni ma nessuna sembrava andar bene. Giunse infine la prima luce a rischiarare la spiaggia. Fu allora che un giovane folletto, guardandosi attorno, soffermò il suo sguardo sul sentiero che conduceva alla collina. “Dobbiamo costruire una strada”, disse scattando in piedi. “Ma non possiamo costruire una strada sull’acqua”, rispose uno gnomo saggio. “Costruiamo qualcosa per aria” propose una fata. “Creiamo un ponte!”, esclamò una sirena.
Fu così che tutti iniziarono a costruire il più lungo e maestoso ponte mai visto. Era leggero come le gocce di rugiada di cui era fatto, e quando il sole lo illuminava si colorava di sette colori. Lo chiamarono arcobaleno. Fu così che tutti noi siamo giunti qui per la prima volta, e quella è la strada per venire nel nostro mondo. 

giovedì 24 novembre 2011

Valerio

20.46

Voglio annegare nel lavoro stasera, non pensare… ho paura dei miei 30 anni alle porte, ho paura del mio rapporto con Gaia… ho paura di rivedermi la faccia dell’indiano che per poco non ho investito oggi pomeriggio. Paura? Non so se è paura…
“Ascolane all’8!”  
…Terrore!
“E’ terrore!”, questo penso mentre metto le olive ascolane al centro di una tavolata di studenti universitari dell’ultimo anno. Passo lo sguardo sulle loro facce… occhiali, riso sguaiato, le sopracciglia da top model, capelli ossigenati, pizzetti… Tra qualche mese saranno facce da disoccupati.

mercoledì 23 novembre 2011

Lita

Per me è sempre l’alba... di un giorno, di un anno, di una vita. L' Inizio!
Quell’attimo in cui si passa dal silenzio al suono, quel momento in cui il nero viene
ricoperto di colori, quell’istante in cui il cuore si ferma per un attimo e poi riprende a battere galoppando.
Ogni respiro. Ogni pensiero che si trasforma in parola. Ogni parola che diviene azione. Tutto è inizio. 
Inizio è un seme che si sveglia nella terra e sboccia. Inizio è chiudere una valigia e
pensare che quel viaggio ti cambierà per sempre.
Parlo con Gaia: l'inizio per lei è una strada immersa nella notte. L’auto con il serbatoio
pieno e dalla radio una musica allegra. L’asfalto è immerso
nel buio, mentre nel cielo la Grande Stella, illumina. 
Fanali accesi, lei parte. Vuole andare lontano, non sa dove, sa solo, che da qualche parte, c’è un
prato in cui fermarsi a giocare con me. Il resto non le importa. Non segue mappe e non segue indicazioni.
Lei va. Corre nella notte senza paura.
Una girandola di possibilità che ruota davanti a lei. Una moltitudine di colori. Un multiplo di inizi. Non coglie singolarmente ogni colore, sa solo che che ce ne sono diversi... 
Chissà dove si fermerà! 
È così che Gaia descrive l’incertezza. L’incertezza non è ignorare come andranno le cose... E' non
conoscere quale sarà l’ultima carta che si pescherà dal mazzo. 
Ma lei ancora non sa che quella carta non sarà mai l'ultima... puoi sempre cominciare una nuova partita. C'è sempre un nuovo inizio. 

Valerio

20.46

“…Non lo sopporto più è…”
“…Troppo stupido pensare che potesse…”
“…Cambiare? E secondo te cambio lavoro così? Per finire in un posto peggiore magari e poi…”
“…Manca ancora una giornata a fine campionato e tutto è…”
“…Possibile? Ogni volta che si esce è la stessa storia? Pago io o paghi tu!”
Le voci dei clienti catturate mentre passo velocemente con una pila di piatti sporchi e avanzi di cibo.
E’ strano come le frasi estrapolate da un contesto e collegate a un altro possano assumere un significato diverso.
E’ un collage di pensieri, di sensazioni, di esperienze… E’ vita!

sabato 19 novembre 2011

Valerio: incontri 2

I palazzi umbertini. Platani, cedri del libano, palme. “I trofei di Mario”. Una fontana, su più livelli, quasi un colosso, domina dal centro il giardino di Piazza Vittorio.  Un’opera quasi “americana” per la sua imponenza. Ma i romani erano gli americani dell’epoca.
A Gaia questa piazza piace. Qui c’è la “Porta Magica”. Lei conosce tutta la leggenda e ha tentato di spiegarmela non so più quante volte, ma io continuo a dimenticarmela sempre. A me piace solo il triangolo con l’occhio, mi ricorda tanto quello che c’è sui dollari americani.
I portici e il melting pot di facce di ogni colore. Di culture che si incontrano, si scontrano a volte, ma sopravvivono in una piazza. I negozi di abbigliamento cinesi. La bigiotteria indiana. Gli alimentari multietnici in cui comprare dal dolmas all’adzuki, dai noodles al dulche de leche. Farine, risi, te. Spezie. Mi fermo sulla porta di uno di questi drugstore, osservo le facce, ne cerco una in particolare. Anche se sarebbe assurdo incontrarlo qui, nel primo negozio in cui mi fermo. E infatti lui non c’è. L’uomo che ho quasi investito non è tra i clienti del negozio. Proseguo per le strade del quartiere e intanto cerco di ricordare ogni tratto di quel viso che mi è stato davanti per pochi secondi. Sono circa quaranta minuti che giro intorno a quell’incrocio, ma non ci vado. Ho paura che sia lì. Ho paura di incontrare i suoi. E poi che gli dico? Sono il tuo quasi assassino?

venerdì 18 novembre 2011

Pampy


Nessuna fata è instancabile come me. Di giorno salto di fiore in fiore ad ascoltare le parole della gente. La notte poi salgo verso il cielo più lontano.
Sono piccolina ma le mie ali sono forti.
A me vengono affidati i desideri di felicità. Io li avvolgo in piccoli cofanetti, li stringo tra le mani e poi volo verso il cielo. Là, tra le stelle, li lascio liberi. E loro volano, fanno capriole e volteggiano. Poi si fermano su una stella a riposare e ne assorbono la luce. Quando finalmente sono essi stessi luce si tuffano, per raggiungere il punto da cui sono partiti.
Io sono il tramite per il quale i desideri da parola diventano realtà.
Quando vedi una coccinella la prossima volta pensaci. Domandati qual è il tuo desiderio più grande e confidaglielo. Io sarò là vicina, e ti sentirò. Tu apri solo il tuo cuore, del resto me ne incarico io.
Gaia lo sa bene. Ci siamo conosciute un giorno mentre lei se ne stava stesa sull’erba ad osservare il cielo. Io cantavo ai primi fiori primaverili che coloravano i colli. L’ultimo bocciolo si era schiuso ed io mi stavo allontanando quando mi giunse la sua voce.
“Voglio un posto dove sentirmi a casa come mi sento qui.”
Questa la frase che mi colpì.
Dico sempre che i desideri da esprimere devono essere desideri importanti, o non ha senso. È come con i sogni. Se si sogna si deve farlo in grande, i sogni piccoli ognuno può realizzarli con le sue sole forze.
Un altro segreto che Gaia conosce è come desiderare. Lei non si lamenta, non piagnucola di bisogni. Lei afferma quello che vuole, decisa. Poi si muove in quella direzione. Per questo è una gioia per me aiutarla. Lei è certa che otterrà, ed io l’aiuto nella sua strada.
Questo è il segreto dei desideri. Aspettarsi che s’avverino.

Valerio: incontri

16.53

Angolo di strada quartiere Esquilino. Roma. Sapone, acqua e la spugna che scorre avanti e indietro sul vetro. Il dito di una signora che si agita all’interno dell’abitacolo.
A volte succede che ti fissi a guardare delle azioni e perdi di vista anche il protagonista che le compie. Ecco io me ne sto qui a guardare la scena, mentre ho ancora in bocca il sapore del pollo in salsa agrodolce.
Semaforo verde. Ancora soprapensiero parto, ma inchiodo appena mosso. Un movimento impercettibile e un riflesso incondizionato che mi porta a frenare. I miei occhi hanno per un frammento di secondo registrato un movimento di piedi davanti alle ruote del mio scooter. Sento l’urto. Leggero, impercettibile quasi. Ma è un urto di qualcosa di metallico su qualcosa di umano, di vivo, di fragile di fronte alla potenza del mio motorino.
“Cazzo!” e mentre lo pronuncio alzo la testa e mi ritrovo di fronte il volto di un indiano che si scusa e rapidamente finisce l’attraversamento.
Resto ipnotizzato alcuni secondi a seguire i suoi movimenti.
Fin quando non sono sicuro che non gli ho fatto male. Fin quando non lo vedo raggiungere il marciapiede. Fin quando l’auto dietro di me non suona il clacson.

Pampy


Nessuna fata è instancabile come me. Di giorno salto di fiore in fiore ad ascoltare le parole della gente. La notte poi salgo verso il cielo più lontano.
Sono piccolina ma le mie ali sono forti.
A me vengono affidati i desideri di felicità. Io li avvolgo in piccoli cofanetti, li stringo tra le mani e poi volo verso il cielo. Là, tra le stelle, li lascio liberi. E loro volano, fanno capriole e volteggiano. Poi si fermano su una stella a riposare e ne assorbono la luce. Quando finalmente sono essi stessi luce si tuffano, per raggiungere il punto da cui sono partiti.
Io sono il tramite per il quale i desideri da parola diventano realtà.
Quando vedi una coccinella la prossima volta pensaci. Domandati qual è il tuo desiderio più grande e confidaglielo. Io sarò là vicina, e ti sentirò. Tu apri solo il tuo cuore, del resto me ne incarico io.
Gaia lo sa bene. Ci siamo conosciute un giorno mentre lei se ne stava stesa sull’erba ad osservare il cielo. Io cantavo ai primi fiori primaverili che coloravano i colli. L’ultimo bocciolo si era schiuso ed io mi stavo allontanando quando mi giunse la sua voce.
“Voglio un posto dove sentirmi a casa come mi sento qui.”
Questa la frase che mi colpì.
Dico sempre che i desideri da esprimere devono essere desideri importanti, o non ha senso. È come con i sogni. Se si sogna si deve farlo in grande, i sogni piccoli ognuno può realizzarli con le sue sole forze.
Un altro segreto che Gaia conosce è come desiderare. Lei non si lamenta, non piagnucola di bisogni. Lei afferma quello che vuole, decisa. Poi si muove in quella direzione. Per questo è una gioia per me aiutarla. Lei è certa che otterrà, ed io l’aiuto nella sua strada.
Questo è il segreto dei desideri. Aspettarsi che s’avverino.

mercoledì 16 novembre 2011

Gaia: al via


I compleanni non hanno né magia né poteri particolari. Neanche quando arrivi ai trenta. Il 12 febbraio mi sono alzata ed era tutto esattamente come la sera prima. Io ero identica a quella che ero quando sono andata a dormire. E per tutto il giorno non è successo nulla di eclatante. Una domenica come tutte le altre, non fosse stato per il cellulare che richiedeva la mia attenzione più del solito.
Ma puoi fare un bilancio di come hai vissuto in base a quanti messaggi ricevi? Sarebbe come dire che se festeggi San Valentino in coppia sai amare altrimenti no. Come dire che se qualcuno ti regala un mazzo di mimose l’8 marzo sei una donna altrimenti no.
È stato solo un giorno come tanti, solo che magari ho sentito un po’ la nostalgia per la mia infanzia. Ma forse è dipeso dal fatto di sentire vecchi amici e rendermi conto che nelle loro vite ormai sono solo un ricordo.
Del resto cosa mi potevo aspettare? Ho imparato che il giorno perfetto per cambiare la propria vita è qualsiasi giorno.
Ecco, questa è un’altra verità, i cambiamenti non ti cadono addosso, li provochi.
Di cambiamenti ora non ne ho voglia. Che c’è di male se la mia vita mi piace?   

Dublino

19.35

Crocchette al 6.
La coppia di amanti clandestini che il sabato arriva sempre alle 19.10.
Di solito è lui il primo ad arrivare ordina due crocchette e dopo dieci minuti arriva anche lei. Si siedono come se fossero colleghi di lavoro. Forse lo sono. Parlano a bassa voce.
Ordinano birra chiara alla spina.
A me piace spillare la birra. Vedere il bicchiere inclinato che si riempie e la schiuma che si forma. La stessa che scendeva nei calici a Dublino.
Le mie serate nei pub irlandesi. Erica. I miei 23 anni.

"In Westland row si fermò davanti alla vetrina della Belfast and Oriental Tea Company e lesse l'etichetta dei pacchetti di stagnola: miscela scelta, qualità sopraffina, miscela per famiglie. Piuttosto caldo. Tè."
Ecco per me Dublino è sempre stata quest'immagine. Mr Bloom che cammina nell'Ulysse di Joyce. Erica era la mia Molly.
Un pub con musica irlandese. Una ballata. Lei seduta al tavolo d'angolo con altri tre ragazzi. I bicchieri di birra finiti. Questa è la prima immagine di Erica. Capelli rossi e un faccino da irlandese. Io e Fabio ci sedemmo a un tavolo lì vicino, ordinammo Guiness e cercammo di darci un tono. Di non sembrare i soliti turisti sprovveduti. Di non sembrare italiani.
Fu Erica a quel punto a sorridermi. Non ci credevo. Avevo fatto colpo su un'irlandese! Poi si avvicinò al tavolo e mi chiese se potevo offrirle una birra. Io le avrei offerto tutta la birra di Dublino quella sera.
Si sedette al tavolo, arrivò la birra. Scoprii che era di Torino e sorrisi.




Margherita e Funghi al 6.
Ora si sorridono. Diventano più visibili le rughe intorno alla bocca di lei.
Metto le pizze davanti a loro. E mi sento di interrompere quell'intimità. Infatti cambiano espressione entrambi. Diventano neutri. Algidi.
E se tra vent'anni fossi io seduto al posto dell'uomo dai capelli brizzolati? Se fossi io a dover celare un'emozione anche davanti a un cameriere? Se fossi io a dover parlare a bassa voce, solo per paura che qualcuno in un locale possa riconoscermi?
Chissà se quando mia madre ha divorziato da mio padre lo aveva trovato insieme a una donna così. Chissà com'era l'amante di mio padre. Chissà se le sorrideva così.

Erica mi sorrise così a Grafton Street. Gli artisti di strada suonavano i Beatles o "Another girl" risuonava nei loro strumenti. Io non ho capito mai fin dove un musicista interpreta una musica o è la musica a lasciarsi plasmare da un musicista.

Poi arrivò un temporale. Uno di quelli tipici irlandesi. Con la pioggia fine e persistente. Uno di quei temporali che nei boschi irlandesi, secondo Gaia, fa danzare le fatine sotto la pioggia e fa riparare i folletti sotto i funghi. Noi ci riparammo in un pub. Bevemmo due birre a testa. Smise la pioggia e chiedemmo il conto.

Conto al 6.

Nanà

Bianca e lieve, come l’ultima nevicata dell’inverno.
Bianca e forte, come i fiori che bucano l’ultimo strato di neve.
Bianca e libera, come la spuma di un’onda che sceglie dove infrangersi.
Così sono io.
I colori sono ancora solo una promessa. I suoni aspettano di tornare a far sentire la loro voce dopo il silenzio ovattato dei mesi più freddi. La costellazione dell’acquario governa il cielo. Io danzo.
Danzavo mentre Gaia per la prima volta conosceva il calore di un abbraccio, e danzavo mentre cercava cambiamenti nello specchio il giorno del suo trentesimo compleanno.
Danzo perché nel muoversi non ci sono vincoli, così come non ce ne sono a febbraio. Danzo perché onoro il divenire ed il cambiamento.
Amo quel momento di passaggio in cui niente è ancora certo, in cui non si prendono decisioni ma si lascia che sia.
Amo quando il cambiamento è in essere ma non è avvenuto.
Per questo danzo.
Gaia la chiama vita.
Io osservo lo scorrere delle stagioni, mi baso sul tempo, attendo i momenti di passaggio. Lei non fa distinzioni, non importa il giorno, quando è pronta va.
Non legatela al tempo, perché è una dimensione che non le appartiene. L’unico tempo che percepisce è il tempo interiore. Quando è maturo, lei agisce. Quando è maturo, lei apre gli occhi e vede.
È questo il motivo per il quale danza ogni giorno, lo fa per il mutamento che le scorre dentro, lo asseconda anche quando esternamente la sua vita appare scorrere immutata e immutabile.
Io, Nanà, la osservo e, mentre danzo, aspetto il suo prossimo cambiamento.

domenica 13 novembre 2011

New York


Non era il mio letto. Non era la mia stanza. Non era la mia città. Ma questo lo realizzai in ritardo rispetto al mio risveglio.
Mi succede spesso quando arrivo di notte in una città. E’ tutto avvolto nel buio e quello che percepisco è solo una diversa disposizione dei palazzi, delle strade e delle insegne stradali.
La carta da parati celeste mi aveva abbagliato appena aperti gli occhi, poi era seguita la consapevolezza del lenzuolo, cotone bianco usurato dai continui lavaggi. Non era il massimo come prima immagine, ma ero felice lo stesso: ero a New York.
Mi affacciai alla finestra. Ero troppo curioso di guardare fuori: squallido cortile buio. E fu allora che mi apparve l’obelisco di Piazza San Giovanni in Laterano. Quell’obelisco che guardavo ogni mattina prima di andare a scuola dalla finestra della mia casa.
Era la mia “spada nella piazza”, il centro di equilibrio in uno spazio, era il mio sogno infantile di salire fino al cielo e da lì spiccare il volo con gli stormi di rondini che migravano d’inverno verso l’Africa.
Central Park. Obelisco di Thutmose III. L’Ago di Cleopatra, il gemello di quello di Victoria Embankment a Londra. 

Through the rain nelle mie orecchie e il Great Lawn sotto i piedi. Ecco “vorrei essere colto di sorpresa dalla pioggia” proprio come nella canzone di Mariah Carey.
Una pioggia fitta, con gocce grandi. Mi piacerebbe vederlo così lo Swedish Cottage. Vorrei sentire i tuoni in lontananza mentre arrivo a Straberry Fields. Vorrei un tuono che irrompesse, come uno sparo. Come quel proiettile del 1980.
C’è il sole invece, un maledetto sole di luglio. C’è l’afa di New York, c’è il silenzio di un lunedì mattina, C’è il mio respiro che si blocca quando i miei occhi mettono a fuoco “Imagine”.
Silenzio, come se qualcuno avesse spento il volume a tutto il parco, a tutta New York.
“Imagine” si appanna. Sto piangendo.

sabato 12 novembre 2011

Paco presenta Valerio


Chi è Valerio? Un amico!
Ci siamo incontrati in 4° ginnasio. Sezione C.
Io Pasquale Rinaldi detto “Paco”, lui Valerio Sallusti detto “Mo’ arrivo”.
Valerio era quello distratto, quello disordinato, quello perennemente in ritardo.
A lui piaceva filosofia e geografia. Anche se la sua lezione preferita era educazione fisica. Non perché fosse sportivo ma perché gli piaceva vedere le ragazze muoversi. Era capace di restare con lo sguardo fisso su una ragazza per l’intera ora. Scomparivano il professore, scomparivano i compagni di classe, scompariva l’intera palestra e lui entrava nel suo mondo. Io lo capivo perchè anch’io avevo il mio mondo: i miei computer!
Non capisco invece la convivenza con Gaia, ma non per lei. Non capisco la fretta di crescere di Valerio. La voglia di “sistemarsi” è una fuga. Fuga dalla sua vita, dai suoi sogni, da se stesso.
Cosa gli piace?
Viaggiare, scoprire, fotografare.
Che musica ascolta?
Sente cose strane. Eterogenee. Odia l’unica musica che a me piace: quella elettronica!
L’immagine che ho di lui? 
Questa! 
Dovevamo andarci insieme e invece ci andò da solo. Questa non gliela perdono!

Valerio: voglia di eventi


18 giugno 1982.
Il giorno in cui ritrovarono Calvi al Blackfriars Bridge. Il giorno della mia nascita.
E quando ho compiuto un anno Sally Ride diventava la prima donna americana ad andare nello spazio.
Il 18 giugno ma del 1997 Michael Jackson tenne il suo ultimo concerto in Italia allo stadio San Siro di Milano.
Un giorno denso di eventi. E sono proprio gli eventi invece a mancare nella mia vita.
C’è lo scorrere lento di un’esistenza. Quella lentezza che caratterizza da sempre la mia generazione. Una lentezza non voluta ma imposta da un mondo che scorre veloce e non lascia spazio a nessuno. A nessuno che non sia già qualcuno. Qualcuno perché i suoi genitori erano già qualcuno, qualcuno perché conosci chi è già qualcuno, qualcuno perché sei stato nel posto giusto al momento giusto. Ecco io non sono qualcuno. E come tutti i nessuno ho la paura di non arrivare in tempo a fare tutte le tappe della mia vita. E oggi ho realizzato che ho 30 giorni per creare un evento. Trenta giorni ai miei trent’anni.

venerdì 11 novembre 2011

Gemma



Vai oltre.
Non fermarti al mio faccino pulito, all’aria un po’ imbronciata ed agli occhioni sognanti.
Vai oltre.
Vai oltre quello che pensi di me la prima volta che mi vedi.
Io sono Gemma.
Appaio dopo che hai gettato la superficie. Vai oltre?  
Si dice che quando gli uomini vivevano di carne animale una famiglia di fate varcò la soglia che separa i nostri regni. Vestite di verde, capelli color legno, ali oro brillante. Queste erano le fate. Scelsero un albero, collegamento tra terra e cielo. Vi danzarono, cantarono e risalirono l'albero fino alla cima per ammirare il sole. Fu la prima volta che gli uomini prestarono attenzione a tutto ciò che produceva la terra.
Si chiama crescita.
Io discendo da quella famiglia, gli Elesi, e son giunta qui per Gaia, per invitarla con le mie danze a crescere con me.
Vai oltre.
Non fermarti al suo aspetto di giovane donna entusiasta di un nuovo amore. Non prestare troppa attenzione ai fiumi di parole che pronuncia appena una nuova idea le arriva tra i pensieri. Concentrati piuttosto sui suoi silenzi, perché là si nasconde il germe di ciò che sarà. Osservala mentre cammina in un parco e capirai. Guardale gli occhi e vedrai il suo mondo. Nelle parole che non pronuncia c’è il suo desiderio di nuove scoperte e la voglia di solcare nuovi territori. Nelle sue certezze, la paura per l’ignoto e l’ancora per rimanere in un posto sicuro perché conosciuto.
Ora lo sai.
Vai oltre!